A cura del team Lilium Spazio Medico via Roma 62, Cuneo
Sessualità e affettività: il bisogno urgente di parlarne, davvero.
C’è una domanda che si fa sempre più forte, nei corridoi delle scuole, nei messaggi lasciati in sospeso, nei silenzi tra genitori e figli. È il bisogno di parlare di sessualità, di affettività, di tutto ciò che attraversa il corpo e il cuore quando si cresce — e anche dopo. Ma ancora oggi, quel bisogno si scontra con un grande vuoto: la mancanza di spazi autentici, sicuri, empatici, dove potersi raccontare, fare domande, ricevere risposte vere.
La sessualità non è un argomento da sussurrare. Non è un tabù da relegare a una lezione di biologia. È parte del vivere, dell’essere umani. È scoperta, desiderio, identità. Eppure, per molte ragazze e ragazzi, resta ancora una terra di nessuno, dove ci si muove alla cieca, spesso guidati più da Google che da adulti capaci di ascoltare.
Molti giovani non vogliono più sentirsi dire “non è il momento”, “non ti riguarda”, “capirai quando sarai più grande”. Quel momento è adesso. È mentre si cambia pelle, si impara a desiderare, si inciampa nei primi amori, si prova vergogna per ciò che si è — o si vorrebbe essere. È quando ci si guarda allo specchio e si cerca un senso nel caos. È lì che serve una guida. Non un giudice. Non un sermone. Una guida.
Spesso, chi dovrebbe parlare tace. E chi vorrebbe ascoltare, cerca altrove. Genitori impacciati, insegnanti imbarazzati, educatori in silenzio: questa è la realtà che molti ragazzi si trovano ad affrontare. Ma il bisogno resta, e si infiltra dove può. Nella rete, nei social, nei forum anonimi. Luoghi dove si trova di tutto, tranne che verità.
È necessario, allora, cambiare lo sguardo. Uscire dall’imbarazzo. Riconoscere che parlare di sessualità significa parlare di rispetto, di empatia, di libertà, non solo di prevenzione. Significa offrire strumenti per affrontare la vita, per abitare il proprio corpo con consapevolezza, per costruire relazioni sane, autentiche, reciproche.

Parlare di sesso non può ridursi a spiegare dove stanno gli organi, o come si evitano le malattie. Non basta sapere come funziona il corpo, se non si sa cosa farsene del cuore. I ragazzi vogliono capire:
– Cosa succede quando ci si innamora?
– Come si dice di no, senza paura?
– Come si gestisce il desiderio?
– Perché fa così male essere lasciati?
– Cos’è il consenso, davvero?
Serve un’educazione che parli anche di masturbazione senza colpa, di gelosia senza possesso, di piacere senza vergogna, di comunicazione affettiva, di rifiuto che non umilia ma protegge. Perché l’amore può essere bellissimo. Ma può anche ferire. E nessuno dovrebbe arrivarci impreparato.
Oggi la sessualità passa anche attraverso uno schermo. Il cellulare è diario segreto, specchio, confidente e trappola. È lì che molti scoprono il proprio corpo, che flirtano, si espongono, si tradiscono. E proprio lì si annidano i pericoli più sottili e devastanti: revenge porn, cyberbullismo, adescamenti, sexting non consapevole.
Non si può più far finta di niente. Educare alla sessualità oggi significa anche insegnare a proteggersi online, a riconoscere i confini, a difendere la propria intimità. Non serve demonizzare la tecnologia, ma imparare a usarla con rispetto per sé e per gli altri. Serve qualcuno che dica: “Fino a qui va bene, ma da qui in poi attento: rischi di farti male”.
L’educazione affettiva e sessuale non è un’opzione. È un diritto fondamentale. È la base per costruire adulti liberi, rispettosi, consapevoli. È uno strumento potente per prevenire la violenza di genere, le relazioni tossiche, la cultura del possesso. Perché un amore sano si impara, come si impara a leggere, a camminare, a dire “scusa”.
E riguarda tutti. Non solo gli adolescenti. Ma anche chi con loro lavora, vive, cresce. Insegnanti, genitori, educatori: servono tutti. Ma servono formati, aperti, disposti a mettersi in discussione.
Perché per parlare di sessualità non basta sapere. Serve esserci. Con umiltà, con ascolto, con coraggio.
C’è bisogno di una rivoluzione culturale. Non fatta di slogan, ma di spazi reali, di parole nuove, di silenzi finalmente interrotti. Di incontri in cui si possa dire “ho paura” senza vergogna, “non lo so” senza sentirsi sbagliati, “mi piace” senza doversi giustificare.
I giovani non vogliono solo risposte. Vogliono relazioni vere. Vogliono adulti che non fuggano, che sappiano accogliere, che insegnino a volersi bene — nel corpo, nel cuore, nel rispetto reciproco.
Perché educare alla sessualità non è spiegare un meccanismo.
È coltivare il diritto di amarsi senza farsi male.
È insegnare a stare al mondo con delicatezza, con coraggio, con verità.
È ricordare che ogni corpo ha valore. E ogni emozione, dignità.
