Lilium – Spazio Medico

Arriva l’estate ma i compiti non vanno in vacanza!

Compiti delle vacanze: opinioni a confronto

Ne parliamo con Tatiana Abello, psicologa specializzata in potenziamento metodo di studio presso la nostra struttura. Il dibattito sull’utilità o meno dei compiti delle vacanze vede contrapporsi diverse ideologie e opinioni pro e contro. Pur trattandosi di un dibattito che si è sviluppato ormai da diverso tempo e, nonostante sia un argomento molto sentito e molto discusso, non ha ancora portato ad individuare una linea guida unitaria e condivisa da tutti.

 Compiti non vanno

Il momento dei compiti è un momento che apparentemente può sembrare semplice ma spesso cela una complessità non indifferente che può essere per molti studenti fonte di difficoltà. Spesso e volentieri infatti i compiti, da occasione di pianificazione e apprendimento individuale motivante in cui potersi sperimentare e diventare consapevoli dei propri meccanismi di conoscenza del mondo, si trasforma in un vero e proprio momento di difficoltà quotidiana che non solo coinvolge il bambino ma anche la sua famiglia, andando ad innescare tutta una serie di dinamiche emotive e relazionali di difficile gestione con significative ripercussioni sull’intero nucleo familiare.

Estate e compiti: la parola agli psicologi

Prima di capire se i compiti siano per lo studente un obbligo oppure no, è importante interrogarsi su quale sia lo scopo del lavoro scolastico a casa durante le vacanze. Essendo il periodo delle vacanze estive un lasso di tempo molto lungo, può essere utile rivedere alcuni degli apprendimenti principali dell’anno appena concluso e allo stesso tempo sfruttare i compiti per poter acquisire maggior autonomia nello studio.

Diventa quindi importante fare in modo che essi si adattino a quelle che sono le necessità del bambino/ragazzo, tenendo sempre conto del fatto che l’estate può far apprendere non solo attraverso i compiti ma anche attraverso le esperienze di vita quotidiana e sociale a cui è fondamentale dedicare il giusto spazio.

Questo aspetto diventa ancora più importante se stiamo parlando di alunni che a scuola mostrano delle difficoltà di apprendimento, indipendentemente dal fatto che esse derivino dalla presenza di una particolare condizione che evidenzia un bisogno educativo speciale (BES) oppure da uno o più disturbi specifici dell’apprendimento (DSA).

Partendo da quest’ultimi, dal punto di vista neuroscientifico la presenza di un DSA comporta una serie di caratteristiche funzionali che fanno sì che il bambino/ragazzo abbia un processo di apprendimento che è qualitativamente differente rispetto alla “norma”. Questo comporta che siano presenti delle abilità particolarmente spiccate e, spesso e volentieri molto più sviluppate rispetto alla media del gruppo dei coetanei, a cui però si affiancano delle significative alterazioni di uno o più processi che si pongono alla base dell’apprendimento (come dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia).

Molte volte, a questo quadro funzionale già di per sé molto complesso, si sommano anche limitazioni in altre funzioni cognitive correlate quali ad esempio la memoria di lavoro, fondamentali per l’apprendimento. Tutto questo va quindi a rendere più complesso il lavoro dell’alunno sia a scuola che a casa. L’approccio ai compiti può essere altrettanto difficile anche per coloro che pur non avendo una diagnosi di DSA, presentano un bisogno educativo speciale legato ad esempio alla presenza di ADHD e difficoltà attentive, di linguaggio oppure al fatto di vivere in un contesto socio-culturale particolarmente svantaggiato, tutti fattori che possono anche in questo caso andare ad interferire con i processi di apprendimento.

Cosa comporta la presenza di un DSA o di un BES nel lavoro scolastico a casa?

In generale, le alterazioni funzionali descritte pocanzi si concretizzano con un rallentamento nell’affrontate i compiti e lo studio oltre ad un elevato affaticamento.

Ne consegue che la personalizzazione del processo di apprendimento attraverso l’uso di una serie di strategie e di strumenti compensativi basati sui punti di forza dell’individuo sia non solo necessaria ma fondamentale, però è bene sempre ricordare che questo comporta per il soggetto un iniziale considerevole sforzo ed impegno per poter imparare ad utilizzare gli strumenti a sua disposizione oltre ad un allungamento dei tempi di studio.

Proprio per questa ragione a livello legislativo viene riconosciuto il diritto all’attuazione di tutta una serie di provvedimenti dispensativi per coloro che presentano una diagnosi di DSA (Legge 170/2010) attraverso la stesura del Piano Didattico Personalizzato (PDP). Tale provvedimento è previsto anche nel caso dell’individuazione di un bisogno educativo speciale (BES) qualora la scuola consideri necessaria l’attivazione di specifici provvedimenti di supporto (Nota Ministeriale MIUR del 22/11/2013).

Tra le possibili misure dispensative troviamo la riduzione del carico di lavoro sia a scuola che nei compiti a casa valido non soltanto per il lavoro eseguito durante l’anno scolastico ma anche durante il periodo estivo. È proprio attraverso tale misura dispensativa che diventa possibile fornire al bambino/ragazzo il tempo adeguato per lo svolgimento delle proprie attività di studio andando a compensare quella che è la fatica in più e la lentezza di apprendimento, oltre che a dare anche la possibilità di sperimentare ed imparare ad utilizzare gli strumenti compensativi.

Di fondamentale importanza è quindi la collaborazione tra la scuola e la famiglia, non solo nel momento della stesura del PDP ma anche e soprattutto nella sua attuazione al fine di raggiungere l’obiettivo più importante: fare in modo che lo studente sia posto nelle condizioni ottimali affinché possa apprendere in maniera efficace tenendo contro delle sue peculiarità nel funzionamento cognitivo non solo durante l’anno scolastico, ma anche durante l’estate.

Compiti estivi o relax? L’equilibrio è la chiave

Per concludere quindi, le vacanze estive devono essere sfruttate come un momento che può far apprendere in maniera piacevole e motivante attraverso i compiti ma anche attraverso le esperienze di vita dello studente, senza che vi sia una rincorsa alla conclusione della lista degli esercizi assegnati perché l’obiettivo centrale non deve essere la quantità ma la qualità dell’apprendimento.

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